1. Quanto è caro questo giorno nel quale i ricordi dei nostri defunti quasi si risvegliano e diventano più vividi richiamando volti, parole e gesti! Siamo afferrati dalla nostalgia di chi non vediamo più con gli occhi del corpo, ma anche da una grande dolcezza per chi ci ha amato ed abbiamo amato. La Liturgia della Chiesa ha strettamente unito questo giorno a ieri, solennità dei Santi, proprio per gettare la giusta luce sul mistero della morte e del tempo. La fede cristiana, infatti, ci dice che la morte non è la fine ma il principio della vita piena, la vita eterna. Dimenticare questa realtà, significa rinchiuderci nel modesto orizzonte del presente, ripiegarci sull’immediato: ogni fatto ed ogni circostanza della nostra esistenza non avrebbero prospettiva, ed avrebbe valore solamente ciò che ha successo. Ma la vita è fatta solo di successi, di cose riuscite, di efficienza? E le sconfitte, i limiti che portiamo con noi, le nostre inadeguatezze, i colpi degli anni, le infermità del tempo, la morte fisica? Quale senso e quale valore ha questo inevitabile bagaglio? Tutto, cari Amici, ha il valore della preparazione e ancor più dell’inizio! Di che cosa? Della vita eterna e di un mondo nuovo: “vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi”. Gioie e dolori, fatiche e speranze hanno valore solo se vissute nell’amore e per amore di Dio. Ciò che dipende dalla nostra libertà e quanto accade contro la nostra volontà, tutto ha valore solo se lo scegliamo o l’accogliamo per amore di Dio. Solo così tutto va a costruire la nostra eternità, nulla viene disperso né per il futuro e neppure per il presente. Ciò che viviamo per amore di Gesù – nella luce o nell’ombra – resta per sempre. Quando si vive senza futuro oltre il tempo, tutto si accorcia e si rimpicciolisce, ma, soprattutto, rende meschini noi. Il giorno dei morti ci rende vivi! Infatti siamo richiamati al nostro vero e definitivo destino, la vita di Dio.
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