o susseguiti prima e dopo il passaggio di Pontificato la mano provvidente del Signore che ama, protegge e guida la sua Chiesa, ma anche la spontanea percezione popolare ha colto in tutto ciò un segno di benedizione. Siamo lieti di aver potuto raccogliere in un volume, che viene offerto oggi a ciascuno di noi, i discorsi e messaggi rivolti da Giovanni Paolo II ai Vescovi italiani a partire dal 1992, completando così quanto già pubblicato in volumi precedenti.
Nel Concistoro del 24 marzo il Santo Padre ha creato quindici nuovi Cardinali, tra i quali il nostro Confratello Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna, con il quale ci felicitiamo, come anche con i Cardinali Agostino Vallini, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e in precedenza a lungo membro della nostra Conferenza, e Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, Arciprete della Basilica di San Paolo e già Nunzio Apostolico in Italia.
2. Rivolgiamo un pensiero grato e cordiale al Cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, che mercoledì prossimo presiederà la nostra Concelebrazione nella Basilica di San Pietro.
Salutiamo con affetto il Nunzio Apostolico in Italia, Mons. Paolo Romeo, che ci onorerà come sempre della sua presenza.
Venerati e cari Confratelli,
siamo lieti di ritrovarci ancora una volta insieme per la nostra consueta Assemblea di maggio, potendo così sperimentare e rafforzare i vincoli della nostra comunione e condividere la sollecitudine pastorale per le nostre Chiese, per il patrimonio di fede e di cultura cristiana del popolo italiano e per il cammino della nostra amata nazione. Invochiamo su di noi e sui lavori che ci attendono la luce e la grazia dello Spirito Santo, che sempre guida e fortifica i passi della Chiesa. Nel medesimo Spirito esprimiamo al Dio ricco di misericordia tutta la gratitudine del nostro cuore per l’opera di salvezza che compie sempre di nuovo, ricavando il bene anche dalle nostre debolezze e dai nostri peccati.
1. Il nostro pensiero devoto e affettuoso va anzitutto al Santo Padre, che avremo la gioia di incontrare e ascoltare giovedì e che ha da poco portato a termine il primo anno del suo Pontificato. In questo tempo ancora breve egli ha già potuto ampiamente manifestarsi come quel “Pastore mite e fermo” che ha chiesto al Signore di essere nell’Udienza generale di mercoledì 19 aprile. Con la chiarezza e la profondità della sua parola, la gentilezza d’animo e l’attenzione alle persone, il modo raccolto di presiedere le celebrazioni, lo stesso costante richiamo al suo amato Predecessore, Papa Benedetto è già entrato nel cuore delle persone e delle moltitudini, compresi in gran numero coloro che non condividono o non praticano la nostra fede. Ha indicato con mano sapiente il cammino della Chiesa, incoraggiandoci a gustare la gioia di essere cristiani. Ha offerto alla grande famiglia umana motivi di unità e di fiducia, resi solidi dal richiamo a ciò che è davvero essenziale.
Del Magistero di Benedetto XVI ricordiamo in primo luogo l’Enciclica sull’amore cristiano, che in realtà è una vivida sintesi dei contenuti centrali della fede, formulata in aperto dialogo con alcune domande fortemente presenti nell’animo umano e nella cultura del nostro tempo, e quindi capace di toccarci nel profondo e di stimolarci a “vivere l’amore e in questo modo far entrare la luce di Dio nel mondo” (Deus caritas est, 39). Ma tutto l’insegnamento del Santo Padre, dalle omelie ai discorsi alle catechesi, converge a formare un grande affresco unitario nel quale la forza e la coerenza del pensiero si sposa con la passione per Gesù Cristo presente nella sua Chiesa e con l’impegno a rendere ragione della speranza che è in noi (cfr 1Pt 3,15). Così, ad esempio, nelle grandi catechesi incentrate sul Mistero eucaristico rivolte ai giovani riuniti a Colonia per la Giornata Mondiale della Gioventù, o anche, in queste ultime settimane, in quelle dedicate al significato autentico della Tradizione ecclesiale. E parimenti nella linea di interpretazione del Concilio Vaticano II proposta nel discorso del 22 dicembre alla Curia Romana e nelle indicazioni che il Papa ne ha ricavato per i compiti attuali della Chiesa, in rapporto alle grandi questioni del nostro tempo, con la necessità di “allargare gli spazi della razionalità”, al di là dei limiti di una ragione soltanto scientifica e funzionale, di non separare la nostra libertà dalla verità iscritta nella nostra natura, di costruire su queste basi la giustizia e la pace tra gli uomini e tra i popoli.
L’affetto per il nuovo Papa, la comunione profonda con lui e la condivisione gioiosa del suo Magistero fanno tutt’uno con il sentimento di straordinaria gratitudine che ci lega al suo grande Predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II, della cui morte abbiamo celebrato il primo anniversario lo scorso 2 aprile, con il Rosario recitato da una folla commossa in Piazza San Pietro, e il giorno dopo con la S. Messa presieduta da Benedetto XVI. Quella di Giovanni Paolo II è infatti anche oggi una presenza assolutamente viva e vivificante, un patrimonio di grazia per la Chiesa e per l’umanità, e in maniera speciale per il nuovo Papa. Lo sguardo della fede discerne negli eventi che si son