LA DOMENICA, GIORNO DEL RISORTO
Pienezza del tempo o vuoto del tempo?
In occasione del Giubileo dell’Anno 2000, da più parti venne sottoli-neato questo paradosso: mentre noi cattolici celebravamo la “pienezza” del tempo, la società soffriva per una lacerante percezione di “vuoto” del tem-po. Lo scrittore Pietro Citati, facendo riferimento alla situazione della so-cietà del benessere, è arrivato a dire che il disagio esistenziale è “come un gas diffuso in ogni angolo dell’Occidente”.
Ma già nel 1845 Soren Kierkegard avvertì che il tempo stava diven-tando banale. E nota la sua folgorante affermazione: “La nave [cioè la so-cietà] ormai è in mano al cuoco di bordo; e le parole che trasmette il mega-fono del comandante non riguardano più la rotta, ma quel che si mangerà domani”. E pochi anni dopo Kierkegard, Gustave Flaubert confidò: “Mi sento vecchio, usato, mancante di tutto. Gli altri mi annoiano come me stesso. Ciò nonostante lavoro, ma senza entusiasmo e come si fa un compi-to. Non attendo altro dalla vita che una sequenza di fogli di carta da scara-bocchiare in nero. Mi sembra di attraversare una solitudine senza fine, per andare non so dove”.
Nel secolo ventesimo questa patologia è diventata una epidemia. Tut-ti ricordiamo la conclusione alla quale arrivò lo psicologo Vittorino Andre-oli, quando fu chiamato a studiare il caso dei giovani piemontesi, i quali, giocando a tirare sassi dal cavalcavia, uccisero una giovane sposa in viag-gio di nozze. Andreoli disse: “Questi giovani non sono malati; non sono neppure cattivi. Purtroppo sono vuoti: e quindi incapaci di distinguere il bene dal male”. La diagnosi è terribile! Però non dimentichiamo qual è il clima che genera questa deriva.
SEGRETERIA GENERALE