il Vescovo di Roma e Pastore universale della Chiesa cattolica.
Venerati e cari Confratelli,
questo nostro incontro segue a breve distanza quello della seconda metà di gennaio e ci consentirà di sviluppare e completare alcune riflessioni allora iniziate. Nel pieno dell´itinerario quaresimale e mentre si avvicina la luce della Pasqua, chiediamo al Signore di farci gustare la gioia della comunione e di mettere al servizio della causa del Vangelo ogni nostro pensiero e deliberazione.
1. Inviamo il più affettuoso saluto al Santo Padre, ormai ristabilito dalla piccola ma dolorosa infermità al ginocchio, chiedendo per lui forza, salute e grazia nell´adempimento della sua grande missione. Rimane vivissima in noi la memoria della giornata di preghiera per la pace nel mondo, celebrata il 24 gennaio ad Assisi con i rappresentanti delle Chiese cristiane e delle diverse religioni e accompagnata dalla commossa partecipazione di tantissimi credenti e persone di buona volontà. E´ difficile sopravalutare il significato di questo evento, che può sintetizzarsi nelle parole pronunciate in quel pomeriggio dal Papa: “In nome di Dio ogni religione porti sulla terra Giustizia e Pace, Perdono e Vita, Amore!”. Un pur rapidissimo approccio di ordine storico può forse contribuire a metterlo ancor meglio in luce. Non si può negare infatti che in non poche occasioni, del passato remoto o meno remoto ma anche del presente, le religioni siano state purtroppo variamente connesse a conflitti, a volte devastanti e terribilmente sanguinosi. Gli assetti istituzionali e le prospettive culturali che caratterizzano ormai da molto tempo l´Europa occidentale, e che si è soliti riassumere nella categoria di “secolarizzazione”, si collegano a loro volta alle “guerre di religione” dei secoli XVI e XVII, susseguite alla divisione religiosa di questa parte dell´Europa: da allora si è fatta strada la convinzione che per assicurare una convivenza pacifica e ben ordinata tra le nazioni e all´interno di ciascuna di esse sia necessario non soltanto distinguere nettamente la sfera politica da quella religiosa, in conformità alla parola del Vangelo (cfr Mc 12,17 e parall.), ma anche ridurre il più possibile la rilevanza e il significato della religione per tutta la vita sociale e civile, confinandola nell´ambito della coscienza personale. Proclamare davanti al mondo, e soprattutto realizzare nel concreto della storia, quella dinamica di amore e di fraternità, e quindi di pace e di riconciliazione, che scaturisce dall´autentica fede in Dio può essere dunque una via particolarmente efficace per far crescere una nuova e largamente condivisa comprensione del contributo che le religioni possono offrire anche sul piano pubblico, sociale e internazionale. Specialmente in un mondo sempre più “comunicante” e interdipendente, profondamente conflittuale ma al contempo per così dire costretto all´unità dagli sviluppi pervasivi delle tecnologie e quindi dell´economia, l´essere portatrici di pace porrebbe le religioni all´avanguardia della storia, come indispensabili guide morali e come matrici di rinnovamento culturale, civile ed anche istituzionale. E´ chiaro d´altronde che tutto ciò può avvenire non sulla base di una artificiale omologazione che snaturi e svilisca le religioni concretamente esistenti, mettendo tra parentesi le loro differenze e la rivendicazione di verità di ciascuna di esse, ma al contrario rispettando e accogliendo – come è avvenuto ad Assisi – queste differenze e componendole nel quadro di una autentica libertà religiosa. E´ facile, inoltre, comprendere quanto il compito di essere promotrice di fraternità e di pace, senza frontiere, corrisponda all´indole propria e all´evento fondante e generatore della fede cristiana: Gesù Cristo e il suo Vangelo. Non è quindi per una circostanza casuale, e nemmeno soltanto per la forza della testimonianza personale di Giovanni Paolo II, che la giornata di preghiera per la pace si è svolta ad Assisi, uno dei luoghi-simbolo del genuino spirito cristiano, ed ha avuto per protagonista