azione e gratitudine. Nel mezzo della tensione per la crisi medio-orientale, il Papa ci ha offerto il conforto di una ben diversa prospettiva, con le sue meditazioni poetiche “Trittico romano”. Lo stupore davanti al mistero del rapporto tra Dio e l´uomo, che accompagna tutta l´esperienza spirituale, l´opera filosofica e poetica e il ministero pastorale di Giovanni Paolo II, trova qui rinnovata e intensa espressione, capace di “vedere” e di riportare a Dio la bellezza e la drammaticità della nostra vita e dell´intera vicenda umana. Di questo genere di arte e di cultura, che è nello stesso tempo esperienza e testimonianza personale, vi è oggi un bisogno profondo, che non di rado riesce a farsi strada, malgrado l´accavallarsi di messaggi frastornanti e sostanzialmente banali. Sabato 25 gennaio, nel discorso televisivo rivolto ai partecipanti al IV Incontro Mondiale delle Famiglie svoltosi a Manila, il Santo Padre ha indicato ancora una volta quella che è, a tutte le latitudini, una via di autentica civilizzazione, affermando che “l´avvenire dell´umanità passa attraverso la famiglia” e che la famiglia cristiana è “buona notizia per il terzo millennio”.Venerati e cari Confratelli, ci ritroviamo nel pieno del cammino penitenziale della Quaresima per proseguire, in comunione di intenti e di preghiera, il nostro servizio alle Chiese che sono in Italia e alla nostra nazione. In questa vigilia dell´Annunciazione del Signore riviviamo il mistero del farsi carne del Verbo di Dio per la nostra salvezza, chiedendo il dono dello Spirito Santo affinché l´assenso incondizionato della Vergine Maria alla volontà divina sia anche per noi e per le nostre comunità concreta regola di vita.
1. La guerra che divampa in Iraq e che turba e scuote il mondo intero ci fa sentire straordinariamente vicini e riconoscenti al Santo Padre che, dopo essersi instancabilmente prodigato per scongiurare il conflitto, continua ad elevare la sua voce e la sua preghiera poiché, come ha detto sabato mattina nell´udienza agli operatori di Telepace, “Quando la guerra, come in questi giorni in Iraq, minaccia le sorti dell´umanità, è ancora più urgente proclamare, con voce forte e decisa, che solo la pace è la strada per costruire una società più giusta e solidale. Mai la violenza e le armi possono risolvere i problemi degli uomini”. Come Vescovi italiani siamo totalmente solidali con il Papa e nelle ultime settimane abbiamo ripetutamente unito, e continueremo ad unire, la nostra preghiera alla sua preghiera, la nostra voce alla sua voce, affinché il conflitto abbia termine al più presto, siano risparmiate le vite umane e siano ristabiliti costruttivi rapporti internazionali. Alla base dell´impegno che condividiamo con il Santo Padre c´è anche la preoccupazione profonda di evitare uno scontro di civiltà, che per di più potrebbe tragicamente richiamarsi a malintese motivazioni religiose. Perciò, nell´Angelus di domenica 23 febbraio, invitando tutti i cattolici a dedicare il mercoledì delle ceneri alla preghiera e al digiuno per la causa della pace, specialmente nel Medio Oriente, il Papa ha detto con la più grande forza: “E´ doveroso per i credenti, a qualunque religione appartengano, proclamare che mai potremo essere felici gli uni contro gli altri; mai il futuro dell´umanità mai, mai potrà essere assicurato dal terrorismo e dalla logica della guerra”. Proprio la straordinaria accoglienza e risonanza avute da questo invito e da tutta l´azione del Santo Padre e la straordinaria mobilitazione di uomini e donne, giovani e ragazze quasi ovunque nel mondo indicano che la causa della pace e la cultura della pace stanno facendo grandi progressi nella coscienza dell´umanità. Occorre certamente un costante discernimento, affinché l´impegno per la pace non sia confuso con finalità e interessi assai diversi, o inquinato da logiche che in realtà sono di scontro. Ma proprio la “pedagogia della pace” messa in atto da Giovanni Paolo II, nella linea del Vangelo e in continuità con tutto il Magistero del secolo XX, essendo incentrata sul valore dell´uomo in quanto tale, sull´amicizia tra gli uomini e tra i popoli, sulla necessità della conversione anzitutto dei cuori e delle coscienze, e in ultima analisi sulla pace come dono di Dio – che ha il suo segno supremo nell’Eucaristia – prima che come opera nostra, libera la pace stessa dalla presa delle ideologie e pone ciascuno a diretto e responsabile confronto con essa, aiutandoci a comprendere che preservare la pace è sì a titolo speciale compito dei governanti ma è anche impegno e missione di ognuno di noi. Mentre ringraziamo il Signore per la crescita della cultura della pace, vediamo con forte preoccupazione il deterioramento dell´intero sistema dei rapporti internazionali che l´attuale guerra e i contrasti che l´hanno preceduta stanno provocando. E´ questa infatti una prova assai difficile per le Nazioni Unite, come anche per le relazioni tra le due sponde dell´Atlantico e all´interno dell´Unione Europea: questa prova pesa inevitabilmente anche sull´Italia, sconvolge i suoi consolidati punti di riferimento in Europa e nel mondo e mette a nudo ed esaspera le sue divisioni e contrapposizioni interne. Anche sotto questo profilo non dobbiamo però rallentare l´impegno e deporre la speranza. Le ragioni per le quali praticamente tutti i Paesi della terra hanno accettato di entrare a far parte dell´Organizzazione delle Nazioni Unite diventano infatti, con l´aumento degli scambi e dell´interdipendenza, ma anche con l´acutizzarsi dei contrasti, sempre più forti e cogenti. Anzi, le difficoltà attuali indicano la necessità di nuovi sviluppi di questa Organizzazione che – senza mortificare le peculiarità di ogni singola nazione – la rendano meglio idonea ad affrontare con concreta efficacia e sicura autorevolezza le sfide di un´epoca nella quale gli assetti mondiali appaiono destinati a subire straordinari rivolgimenti, forse ancora più profondi di quelli che hanno segnato il secolo XX. Analogamente, i motivi di solidarietà che legano tra loro le nazioni dell´Occidente conservano la loro profonda validità, anche dopo che è venuta meno la minaccia della “guerra fredda”, affondando le proprie radici in un patrimonio di valori che rimane comune, pur nelle innegabili differenze, e trovando nuove ragioni nei grandi cambiamenti che si profilano sull´orizzonte mondiale e che richiederanno risposte costruttive e solidali dall´Occidente. Tanto più le nazioni europee, che proprio in questi mesi sono impegnate a compiere un passo di straordinaria importanza nella costruzione della loro Unione, mettendone a punto il “Trattato costituzionale”, devono ricavare dalle divisioni che stanno mostrando nella crisi attuale una lucida e sincera consapevolezza della necessità di superare le logiche particolaristiche, per dotare invece l´Unione Europea degli strumenti idonei ad esprimersi con una voce comune sulla scena del mondo. Esiste del resto un´evidente connessione tra il recupero di costruttivi rapporti internazionali, ai diversi livelli, e il ripristino e consolidamento di una prospettiva di pace: soltanto assumendo come obiettivo fondamentale la costruzione della pace, fondata sui quattro pilastri della verità, della giustizia, dell´amore e della libertà secondo l´insegnamento della Pacem in terris, tutta la rete assai complessa dei rapporti tra le nazioni, della composizione e armonizzazione di interessi diversi e spesso contrastanti, di culture e istituzioni a loro volta assai differenziate, può essere pazientemente ricondotta a quel livello di affidabilità e di cooperazione che ormai è richiesto, in positivo da un´interdipendenza sempre più accentuata, in negativo dai rischi di reciproche distruzioni. Il cammino compiuto nella realizzazione dell´unità europea dopo i tragici conflitti del secolo XX, pur con le sue contraddizioni, resta sotto questo aspetto un esempio che induce a sperare. La preoccupazione per la guerra in Iraq, con le conseguenze ad amplissimo raggio che essa può avere, ha in certo senso indebolito l´attenzione per il conflitto che continua ad infiammare la Terra Santa e che invece fa parte di un medesimo contesto di crisi, ed anzi è la fonte forse principale di quegli odii e contrapposizioni che rendono tanto temibili gli scenari di uno scontro di civiltà. All´impegno per porre finalmente termine a questo conflitto deve al più presto aggiungersi uno sforzo grande e concordato per stabilire nuovi e costruttivi rapporti con i Paesi islamici, per aiutare lo sviluppo dei popoli più poveri e per favorire, in maniera pacifica ma non per questo meno stringente e concreta, i processi di democratizzazione nelle nazioni ancora oppresse da talvolta feroci dittature. Tanto meno possiamo disinteressarci dei numerosi “conflitti dimenticati”, che affliggono soprattutto l´Africa e sui quali il mese scorso ha opportunamente pubblicato un volume la Caritas Italiana. Di questi conflitti i più attendibili testimoni sono i missionari, purtroppo per lo più inascoltati dal circuito della comunicazione globale. Proprio oggi ricorre la Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri: ad essi va la nostra più grande ammir