1. La nostra voce si unisce a quella della Liturgia solenne e austera del Venerdì Santo. Presi per mano dai sacri riti, ci sentiamo condotti anche noi sulla via del Calvario, confusi in quella folla vociante e scomposta, dietro a quell’uomo vacillante sotto il legno della sua condanna. Anche noi, quasi col fiato sospeso, ci vediamo in cima a quel piccolo colle dove è piantata la croce. Vediamo un’aria frenetica intorno, quasi che tutti, soldati e capi, vogliano concludere presto quell’ “affare”, concluderlo e non parlarne più! Issato sulla croce, ponte fra terra e cielo, la folla sembra placarsi e da urlante – “via, via, crocifiggilo!” – diventa ora silenziosa, in attesa dell’ultimo respiro. Così tutto sarà finito! Essi non sanno che, in realtà, niente finisce, ma tutto si compie. Sì, perché quando si porta a termine una missione, essa più che finire, si compie: lo scopo è raggiunto e un mondo nuovo inizia, una novità che è ormai incisa nella carne della vita, per sempre. La folla crede di terminare una questione fastidiosa, ma in realtà Gesù porta a compimento un progetto di salvezza che viene da lontano, dal cuore di Dio, da quando Dio si è commosso per il nostro niente.
Ad un certo momento succede l’imprevisto: “era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. Gesù, gridando a gran voce disse: Padre, nelle tue mani consegno il spirito. E detto questo, spirò” (Lc 23, 44-46). Il cielo e la terra sembrano precipitare nell’angoscia, e tutto si avvolge di tenebra: non solo gli occhi della folla, ma anche gli occhi dell’universo guardano a quel piccolo punto della terra, a quel legno intriso dal sangue di Dio, diventato l’altare dove si ricongiunge l’uomo e Dio.
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S. Em. Card. Angelo Bagnasco