La consacrazione – ci dice l’evangelista – ha la sua origine in famiglia, nell’offrirsi quotidiano dei genitori per i figli e nella loro capacità di trasmettere la fede: è senz’altro da gesti semplici ma densi di contenuto che Gesù avrà imparato quella dedizione che lo condurrà poi, alla fine della sua vita terrena, per l’ultima volta a Gerusalemme, dove egli si offrirà per i peccatori. La vita consacrata, sembra ancora dirci Luca, è scandita in momenti e tappe che esprimono lo sviluppo di una vocazione – dal momento iniziale al tempo dell’impegno definitivo, dalla fedeltà nel quotidiano alle obbedienze più ardue – e che indicano la necessità continua di “applicarsi alla propria crescita umana e religiosa” (Vita consecrata, 69).
Tornando alle famiglie, quanto esse offrono alla realtà della consacrazione lo ricevono in cambio in un’offerta di doni più che mai preziosi nel contesto della società di oggi. Dobbiamo infatti riconoscere e incoraggiare l’opera di tutti quei consacrati – in particolare le religiose – che si offrono instancabilmente al servizio delle famiglie del nostro Paese: nell’attenzione ai bambini e ai ragazzi nei vari contesti scolastici ed educativi; nell’accompagnamento ai giovani nelle parrocchie e nelle diverse realtà pastorali; nell’assistenza agli ammalati negli ospedali, nelle cliniche e negli hospice; nel sostegno agli anziani negli istituti, e così via. Sappiamo bene quanto significativa sia la professionalità e importante la testimonianza che i consacrati sanno profondere in questi ambienti e auspichiamo che esse divengano sempre più qualificate e nel contempo sostenute da forti motivazioni di fede. E infatti spesso nei luoghi in cui i consacrati operano, e attraverso di loro, che gli uomini e le donne del nostro tempo trovano l’occasione opportuna di incontrare un segno della presenza cristiana.
Simeone e Anna. Il racconto lucano passa poi a descrivere l’incontro della famiglia di Gesù con Simeone e Anna. Questi due pii israeliti sono anch’essi descritti nell’atto della loro offerta a Dio. In particolare, Anna è colei che secondo le pratiche di giustizia ebraiche non si risparmia in “digiuni e preghiere”, offrendosi per il tempio, e Simeone è l’uomo giusto che attende la salvezza non solo per sé, ma anche per il suo popolo. Essi sono accomunati da una caratteristica essenziale: rappresentando l’Israele fedele che conosce il suo Dio, sono ritratti nell’atto di scoprirne la presenza per poi testimoniarla. E Simeone ad accorgersi che la realtà è cambiata per sempre, perché quel bambino è la luce che illumina Israele e i pagani; Anna, a sua volta, scrive l’evangelista, parla del bambino “a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme” (2,38).
Ci sembra di cogliere in questi due atteggiamenti la sostanza della consacrazione a Dio. Anche i consacrati infatti sono chiamati a stare nel “tempio” e a scandire la loro giornata con la preghiera della Chiesa, per essere così capaci di accorgersi della presenza di Dio nell’oggi. Vivendo pienamente le attese e le domande della nostra società, riescono però anche ad annunciare che, in questo mondo che cambia così freneticamente e che perde spesso i suoi punti fermi di riferimento, la salvezza è ancora presente e viene da Dio attraverso il suo Figlio.
Di Gesù, poi, Simeone dice che sarà un “segno di contraddizione” per molti (2,34). E facile vedere in questa affermazione la realtà della consacrazione religiosa, che, secondo le parole del Concilio Vaticano II, è ordinata proprio a essere “segno” del regno dei Cieli (Perfectae caritatis, 1), “testimonianza” evangelica (Vita consecrata, 3).
Dal tempio alla casa. Il brano del vangelo della Festa della Presentazione si conclude con la famiglia di Gesù che torna a Nazaret, la città della Galilea dove avranno la loro casa e dove il figlio Gesù trascorrerà molti anni in una vita nascosta, sottomesso ai suoi genitori (2,51). Cogliamo da questa dimensione “domestica” del Vangelo l’occasione per ricordare quelle donne e quegli uomini che vivono la loro consacrazione nella secolarità, e anche quelle donne appartenenti all’Ordine delle vergini, o quelle vedove e quei vedovi che “mediante il voto di castità perpetua quale segno del Regno di Dio, consacrano la loro condizione per dedicarsi alla preghiera e al servizio della Chiesa” (Vita consecrata, 7). Essi svolgono il loro prezioso servizio nella società, anche se spesso in modo poco visibile. Questa caratteristica della loro consacrazione però non sminuisce l’importanza di quanto compiono, perchè non vi è differenza, per chi offre la vita a Dio e al prossimo, tra il tempio e la casa. Maria e il suo sposo, lasciando Gerusalemme dove hanno compiuto la loro offerta, saranno chiamati a darle seguito nella quotidianità scandita dagli affetti, dalla preghiera, dal servizio al loro figlio e dal lavoro.
E nella sua casa che la Vergine Maria, modello di consacrazione e di sequela, custodiva nel suo cuore tutte le cose che riguardavano Gesù (cfr 2,51). L’augurio che formuliamo ai consacrati è quello di conservare, nel loro servizio alla Chiesa in Italia e al mondo, la certezza che l’offerta della loro vita è un dono prezioso che Dio gradisce, come ha accolto la vita del Cristo, il quale “ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore” (Ef 5,2).