L'istruzione del Consiglio Permanente su «La comunità cristiana e l'accoglienza della vita umana nascente» (8.12.78) – dopo la dichiarazione dell'Assemblea Generale della C.E.I. (9.6.78) e la notificazione della Presidenza (1.7.78) – è venuta incontro ai desideri e alle attese e ha svolto proficua opera di chiarificazione, grazie soprattutto alla presentazione dei sacerdoti e dei fedeli più impegnati.
Il Santo Padre, nei messaggi natalizi, ha ripreso l'argomento con interventi di portata universale, ricchi di sapienza evangelica. Con lui, molti Vescovi hanno trattato i medesimi temi nelle omelie delle recenti feste, tanto adatte per una meditazione sul mistero della vita umana.
Non sono mancate, tuttavia, reazioni opposte, con interpretazioni e iniziative di varia natura, che sono giunte sino a formali denunce.
Al riguardo, vale la pena di ricordare che:
1. – L'insegnamento dell'Episcopato italiano in materia di accoglienza della vita nascente e di aborto è l'insegnamento perenne della Chiesa, ribadito dal Concilio Ecumenico Vaticano II e dal magistero pontificio.
Non è contro la donna, della quale si comprendono angosce e drammi, e alla quale si vogliono assicurare assistenza e sostegno; ma è a favore della vita del nascituro, che la stessa legge civile dice di voler tutelare fin dall'inizio (cfr. legge 194, art. 1).
Né meno nuova è la censura per i responsabili di aborto diretto e procurato. Questa disposizione, richiamata dall'Episcopato, è contenuta nella legislazione canonica in vigore per tutti i cattolici (C.J.C., can. 2350, par. 1).
2. – La Chiesa ha il dovere e il diritto, e rivendica la libertà di presentare il proprio insegnamento. Dovere, diritto e libertà spettano particolarmente ai Vescovi, innanzi tutto in forza della missione ricevuta da Cristo per il servizio alla Chiesa e all'umanità; inoltre, sulla base dell'eguaglianza, non della discriminazione, sono sanciti dalla Costituzione i principi della libertà religiosa e della libertà di espressione (cfr. artt. 19 e 21).
I fedeli, poi, per identiche ragioni, hanno il diritto, il dovere e la libertà di professare l'insegnamento cristiano nella vita privata e pubblica, in conformità alla propria coscienza e in docilità al magistero della Chiesa. La legge statale, del resto, garantisce almeno il diritto all'obiezione (cfr. legge 194, art. 9), che peraltro nel suo esercizio si vorrebbe contrastare e limitare anche con motivi pretestuosi.
3. – E' da osservare che sono in gioco i più grandi valori e i diritti fondamentali della vita e dell'uomo, i quali non devono essere affermati solo a parole, ma accolti coi fatti, difesi, protetti e sviluppati da una società che voglia essere veramente umana.
4. – Quanti hanno a cuore tali valori non possono non essere solidali coi Vescovi, i sacerdoti e tutti i fedeli, che operano per una autentica liberazione e promozione dell'uomo fin dal suo concepimento, e, non di raro, sono esposti ad attacchi personali, come è avvenuto ultimamente.
E' per l'uomo, la sua vita e il suo bene, che tutti sono chiamati a collaborare per superare difficoltà e creare condizioni di convivenza e di crescita degne della persona umana in ogni fase della sua esistenza.
A quanti con onestà camminano per queste strade è concesso di partecipare alla gioia di vedere nascere la vita: «La donna, quando partorisce, è afflitta perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino non si ricorda più dell'afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo» (Gv 16, 21).