La Cattedrale di Rio de Janeiro è gremita di Vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, seminaristi: “Questo momento con quanti hanno lasciato tutto per seguire Gesù – dice l’Arcivescovo Tempesta nel suo saluto – è stato voluto personalmente dal Papa in questa Gmg”.
Nell’omelia Francesco richiama tre aspetti della vocazione.
Innanzitutto, la “memoria della prima chiamata”, il sentire di essere “chiamati da Dio per rimanere con Gesù”. Questo vivere in Cristo, “segna tutto ciò che siamo e facciamo”, è ciò che “garantisce la fecondità del nostro servizio”: infatti, spiega il Papa, “non è la creatività pastorale, non sono gli incontri o le pianificazioni che assicurano i frutti, ma l’essere fedeli a Gesù”.
Quindi, dalla memoria la missione:, con particolare attenzione ai giovani: “Aiutiamoli a riscoprire la gioia di essere amati personalmente da Dio: quando un giovane capisce questo, va avanti…”. Per questo, Francesco ha esortato a “non risparmiar le nostre forze nella loro formazione dei giovani”, educandoli “alla missione”: non solo a “aprire la porta per accogliere”, ma anche a “uscire dalla porta per cercare e incontrare coloro che non frequentano la parrocchia e che sono in realtà gli invitati vip…”.
Infine, il Papa ha ricordato a ogni consacrato il dovere di saper andare controcorrente, rispetto alla “cultura dell’esclusione e dello scarto”, che “si è fatta strada in tanti ambienti” e che non concede “tempo per fermarsi con quel povero”, ma regola i rapporti umani attorno a due dogmi: efficienza e pragmatismo”.
E, nell’affidare a Maria il compito di “spingerci a uscire di casa”, ha concluso ricordando che “l’incontro e l’accoglienza di tutti, la solidarietà e la fraternità, sono gli elementi che rendono la nostra civiltà veramente umana”.