“Sono disposte le nostre comunità ad aderire e fare proprie, con creatività e capacità di adattamento, le scelte pastorali maturate in questi anni e riproposte dai Vescovi italiani negli odierni Orientamenti pastorali?”.
La domanda, tutt’altro che retorica, l’ha posta mons. Marcello Semeraro – Vescovo di Albano e presidente della Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi – nell’ampia relazione con cui ha presentato il documento Educare alla vita buona del Vangelo, coniugandolo con la formazione degli adulti nel cammino della Chiesa italiana.
“Educare – ha snocciolato il Vescovo – è sempre un lasciarsi sorprendere dal soggetto informazione, visto che non si conosce in anticipo quale sarà il risultato dell’intervento educativo”; è “un processo di apertura – e perciò anche di liberazione e di libertà – e di costruzione”; è avvertire che si è chiamati “non semplicemente a compiere cose buone, ma ad essere, a diventare buono…”.
Punto di partenza – e atto fondante della vita cristiana – rimane un incontro preciso: “Se un uomo non ha incontrato Cristo – ha detto mons. Semeraro, citando Benedetto XVI – non è in realtà mai nato alla fede, né potrà mai sentire il desiderio di conoscerlo, di dialogare con lui, di amarlo”.
Il cammino della catechesi – e più in generale della formazione – diventa accompagnamento per un progressivo approfondimento: “Nell’itinerario della vita cristiana, l’incontro con Cristo si ripresenta in forma sempre nuova, corrispondente alle età della vita, alle condizioni interiori e esteriori, ai mutamenti della storia personale e comunitaria”.
Decisiva – ha sottolineato mons. Semeraro – diventa la figura del testimone, che “mostra la ricerca di Dio, dà il senso della fede, offre con la sua vita il senso profondo della Vita e della storia”; un testimone che necessità di quella virtù basilare che è la fedeltà – “cuore della pazienza” – e che contribuisce a significare il volto materno della Chiesa”; un testimone, ancora, che vive nella misura in cui si è “credenti adulti”, capaci di trovare “nella fede il fondamento della propria vita e la chiamata a mettersi a servizio delle nuove generazioni”.
Tutto questo, ha concluso il Vescovo, impegna la vita della comunità cristiana: servono parrocchie “aperte alla speranza”, ossia “ospitali”, “attraenti” e “trasparenti”, dalla cui vita “traspaia la vita stessa di Gesù”.