Arte , Liturgia

Omelia del Card. Giovanni Battista Re,
Prefetto della Congregazione per i Vescovi,
in occasione della celebrazione di riapertura della Cattedrale di Noto – 18 giugno 2007

Omelia del Card. Giovanni Battista Re,
Prefetto della Congregazione per i Vescovi,
in occasione della celebrazione di riapertura della Cattedrale di Noto - 18 giugno 2007
1. Questa splendida Cattedrale, monumento di fede e di arte del 1700, che il 13 marzo 1996 era crollata per un cedimento strutturale, ora è rinata: è stata ricostruita esattamente come era prima, utilizzando la stessa pietra lavorata a mano e in gran parte col medesimo materiale.
Ora è identica nella forma esterna all’originale e, in più, è a forte resistenza sismica e, pertanto, più solida perché dotata di speciali tecniche che possono farla resistere anche ai terremoti. All’interno, poi, artisti di fama internazionale ricupereranno il filo conduttore stilistico della Cattedrale originale, ma con il linguaggio proprio dell’uomo moderno.
Questa Cattedrale, collocata nel cuore di Noto e simbolo dell’identità civile e religiosa di questa città e di questa diocesi, ora riaperta al culto, continuerà ad essere nei secoli luogo di incontro di una comunità che è ad un tempo civile ed ecclesiale, unita nelle gioie e nei dolori, nelle speranze e nelle preoccupazioni.
Il primo sentimento che sgorga dall’animo è quello della gratitudine a coloro che hanno merito per quanto in questi 11 anni è stato realizzato.
Esprimo viva gratitudine innanzitutto al Vescovo di Noto, nominato a questa Sede subito dopo il crollo della Cattedrale.
Un grazie cordiale al Governo Italiano, qui rappresentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, per i fondi messi a disposizione nel corso di questi 11 anni.
Grazie alla Protezione Civile, e in special modo al Dr. Bertolaso e ai suoi collaboratori, per la dedizione con cui hanno aiutato a superare le difficoltà.
Grazie a tutte le Autorità locali: a quanti a Noto, nella Regione e in campo nazionale hanno dato il loro contributo ed appoggio.
Grazie all’Architetto, all’Ingegnere e a quanti hanno studiato e progettato.
Un grazie a quanti hanno realizzato i lavori o in qualche modo hanno dato il loro appoggio.
 
 
2. Come sappiamo, la Cattedrale è il punto di riferimento della fede e dell’impegno di vita cristiana di una diocesi, della quale è il centro ecclesiale e spirituale.
Intimamente legata alla persona del Vescovo, la Cattedrale è madre di tutte le chiese della diocesi – e la vostra ne ha di veramente belle – ed espressione dell’unità intorno a Cristo e intorno al Vescovo.
Questa Cattedrale, che esiste sulla piccola chiesa costruita subito dopo il terremoto del 1963 nel nuovo sito della città, ci collega ad una tradizione religiosa che ha radici lontane nel tempo e ci riporta agli albori del cristianesimo. Richiama la storia e ne custodisce le memorie.
Qui vita umana e vita religiosa si sono intrecciate ed i valori religiosi sono stati i motivi ispiratori anche dell’impegno sociale e civile. Molta parte della vostra storia è congiunta da stretti vincoli con questo tempio (e con quelli a cui esso è collegato), perché la fede cristiana è stata fin dall’inizio una componente fondamentale della gente di questa terra.
Collocata nel centro di Noto, questa Cattedrale è segno di una fede che non si estranea dalla storia, ma si è sempre inserita nel tessuto sociale per animarlo alla luce dei valori cristiani.
Collocata al vertice di una grandiosa scalinata, questa Cattedrale, con la sua bella cupola, è un invito a guardare in alto, a guardare oltre i tetti delle case, non per sfuggire alle responsabilità che abbiamo su questa terra, ma per attingere dall’alto luce e forza per i nostri impegni. Il cielo non toglie nulla alla terra: il cielo infonde vigore e dà animo al nostro operare sulla terra.
 
 
3. Questa Cattedrale nel cuore della città è invito ad aprire i nostri cuori a Dio per essere pietre vive, edificate attorno a Cristo, pietra angolare, come ci ha ricordato la prima lettura di questa Messa. Ed è invito ad aprirci al riconoscimento di Dio, che – come abbiamo ascoltato nel Vangelo – va adorato in spirito e verità.
Dio occupa poco posto nelle preoccupazioni degli uomini e delle donne di oggi. Purtroppo, non si sa più riconoscere la mancanza di Dio come… una mancanza. Oggi la grande tentazione è di vivere prescindendo da Dio. Le cose terrene si sono fatte affascinanti. La loro attrattiva è diventata sempre più suggestiva. Molte sono le occupazioni urgenti e che assorbono il nostro tempo.
Se, però, ci rendiamo conto che Dio è il nostro Creatore, che Dio è ciò che esiste di più reale, di più importante e di più grande, sorprende che gli uomini e le donne diano tanta importanza a cose in sé piccole e così poca a Dio.
Certo, l’attenzione a Dio nel mondo contemporaneo non si è spenta. Di Dio si parla anche oggi. Ne parlano la teologia, la filosofia, la letteratura, l’arte: accettandolo o rifiutandolo, ma senza potere mai “disfarsi” di lui.
Ne parlano tanti credenti, che a lui si rivolgono e da lui attingono luce, forza e guida nelle decisioni della vita. Ne parlano tanti che lo cercano e magari credono di non credere. Sì, molti cercano Dio con la mente, col cuore, con tutto il proprio essere, perché il cuore umano – come diceva Sant’Agostino – “è inquieto fino a che non riposa in Dio” (Confessioni I,1). La tensione che porta alla ricerca di Dio è ineludibile nel cuore di ogni uomo e di ogni donna.
In pari tempo, dobbiamo riconoscere che per molti Dio è soltanto un’idea astratta, un’ombra, un nome. E, pertanto, molti sono lontani dalla certezza espressa da Santa Teresa d’Avila, la quale esclamava “Dio è tutto!” e giungeva a dire: “Niente ti turbi, niente ti spaventi, tutto passa. A chi ha Dio nulla manca. Dio solo basta”.
Dio è il Padre che ci ama, che ci vuol bene, che ci cerca, che ci perdona; e ci perdona perché ci ama. Si lascia anche respingere, perché rispetta la nostra libertà, ma poi ci attende e torna a cercarci.
Dio è indispensabile a noi esseri umani, perché “in lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo”, secondo l’espressione di San Paolo. Senza Dio non si può realizzare se stessi, né migliorare l’umanità. Paolo VI, nell’Enciclica Populorum Progressio, scriveva che l’uomo può costruire questo mondo senza Dio, ma in tal modo finisce per costruirlo contro se stesso, contro il vero bene dell’uomo.
Quando, infatti, l’uomo perde il senso di Dio, perde anche la consapevolezza del suo destino eterno, perde l’aspetto più bello del vivere, perde la ragione più profonda della sua esistenza, perde il significato più grande del suo donarsi.
Dove Dio non c’è, anche l’uomo smarrisce il suo valore e la sua dignità. Come ha affermato il Santo Padre Benedetto XVI, “dove Dio scompare, l’uomo non diventa più grande; solo se Dio è grande, anche l’uomo è grande”.
Ed un mese fa ad Aparecida, in Brasile, il Papa ha ribadito che dove Dio è assente la società non trova il consenso sui valori fondamentali e non trova la forza per vivere secondo il modello di questi valori, soprattutto quando il rispetto dei valori esige personali rinunce (cfr. Inaugurazione della Conferenza di Aparecida, n. 4).
Perdere il senso di Dio – il Quale “svela pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione” (Gaudium et Spes, 22) – è perdere il senso della dignità della persona umana e dei suoi diritti. L’uomo senza Dio non ha principi che lo illuminano.
Questa stupenda Cattedrale che, mantenendo la sua forma esterna originaria, risorge più splendida di prima, è la casa di Dio piantata in mezzo alle case degli uomini.
In pari tempo essa è anche casa degli uomini e delle donne, perché aperta a tutti. L’augurio è che siano molti ad entrarvi per adorare Dio. Ed uscendo da qui siano accompagnati dalla benedizione del Signore e da sentimenti di attenzione, di solidarietà, di amore per gli altri. Perché riconoscere Dio come Padre che sta nei cieli, ci porta a riconoscere gli altri come fratelli, perché figli dello stesso Padre.

SEGRETERIA GENERALE

18 Giugno 2007

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