Il Consiglio Episcopale Permanente della C.E.I., nella riunione del 9-12 novembre 1987, ha preso in esame la situazione attuale e gli sviluppi della immigrazione estera in Italia, sulla base di una relazione del Presidente della Commissione Ecclesiale per le Migrazioni, Mons. Antonio Cantisani, Arcivescovo di Catanzaro-Squillace.
Confermato che è specifico dovere della Chiesa per la sua missione di evangelizzazione e di servizio all´uomo, prendersi cura di questi fratelli immigrati, i Vescovi hanno constatato il perdurante stato di irregolarità e marginalità in cui essi vivono e le risultanze della Legge n. 943/86 in merito alla regolarizzazione della loro posizione lavorativa.
Va certamente elogiato lo spirito aperto che anima la nuova legislazione, tuttavia non può passare inosservato il dato che uno scarso numero di immigrati ha finora fatto uso della pur generosa sanatoria per le situazioni pregresse. Inoltre lasciano perplessi alcune lentezze di applicazione della stessa legge.
Emerge pertanto la necessità di un insieme organico di norme che tutelino la dignità della persona umana e promuovano lo sviluppo dei singoli, delle famiglie e dei gruppi etnici, in sintonia con i principi promozionali della Costituzione italiana e con le norme di convivenza della nostra società.
In particolare, incertezze e inquietudini tengono in ansia i molti studenti esteri, attraverso i quali il nostro Paese potrebbe dare, ed è effettivamente in grado di prestare, un prezioso servizio di crescita culturale e morale ai Paesi del Terzo Mondo.
Ancora più preoccupante permane la situazione dei profughi o rifugiati, costretti a estenuanti attese prima di raggiungere un Paese di asilo.
A tale riguardo i Vescovi, mentre auspicano un aggiornamento della legge sullo Statuto del rifugiato, ritengono che l´Italia sia ora nella possibilità di offrire ben più di quanto finora fatto, specialmente in momenti di emergenza.
Una comunità civile che prevede nella propria Costituzione il diritto di asilo deve porsi concretamente il problema del dovere e delle modalità con cui rendere effettivo tale impegno.
Procedere per queste vie pone certamente difficili questioni di adeguamento delle strutture, di compatibilità tra esigenze diverse, di tutela della sicurezza dei cittadini. Non si tratta di ignorarle, ma di affrontarle con spirito costruttivo, senza fare di esse un motivo di inerzia o di rinuncia.
Le forze politiche, culturali e sociali sono pertanto chiamate a un´azione concorde, perché siano superate le espressioni di rifiuto che emotivamente stanno ricomparendo, siano promossi gli spazi di accoglienza nelle scuole, negli alloggi, nelle strutture sociali, sia garantita la salute fisica e assicurata la crescita culturale degli immigrati esteri.
L´invito è rivolto in modo più pressante alle nostre comunità ecclesiali, le quali, mentre sono chiamate a riconfermare la doverosa cura pastorale e sociale verso gli emigrati italiani nel mondo, devono aprirsi anche ad una generosa e fraterna ospitalità dei molti immigrati esteri presenti sul nostro territorio.
Si aprono qui spazi immensi per gruppi e movimenti ecclesiali che mutuano il loro carisma dal precetto evangelico dell´amore.
Roma, 13 novembre 1987