1. La bellezza e la fecondità della terra sono il primo segno della fedeltà e dell’amore di Dio verso l’uomo, invitato a lodare e ringraziare, ma soprattutto a riconoscere in questo singolare “libro” il riflesso luminoso di Dio (cfr Sal 103 e Gb 38–41).Segno dell’amore divino, la terra è anche il campo di prova della fedeltà dell’uomo, a cui è chiesto che essa sia amministrata con saggezza. Tra i racconti biblici ha un particolare fascino la storia di Giuseppe, incaricato di amministrare gli anni dell’abbondanza e quelli della carestia per la terra d’Egitto (cfr Gen 41,47–57); per contrasto colpisce la stoltezza del ricco possidente della parabola evangelica che dalla fecondità delle sue terre non impara a riconoscere la Provvidenza divina e si illude della propria autosufficienza (cfr Lc 12,16–21).
Luogo di esercizio della responsabilità, la coltivazione della terra è profonda scuola di vita. Dalla successione delle stagioni e dalle vicende del mondo agricolo Gesù ha ricavato alcune delle sue parabole più belle: tra tutte basti ricordare l’agricoltore stupito di fronte al seme che germoglia e cresce, “come, egli stesso non lo sa!” (Mc 4,26–29). La Lettera di Giacomo invita poi i cristiani a guardare l’agricoltore che aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra, che diventa così icona per tutti coloro che aspettano la venuta del Signore (cfr Gc 5,7–8).
2. Ogni anno la tradizionale Giornata del Ringraziamento, con il suo invito a rendere grazie al Signore per i frutti della terra e del lavoro dell’uomo, costituisce “un forte richiamo ai valori perenni custoditi dal mondo agricolo e, tra questi, soprattutto al suo spiccato senso religioso” (GIOVANNI PAOLO II, Discorso per il Giubileo del mondo agricolo, 11 novembre 2000). Quest’anno la Chiesa italiana desidera dedicare la Giornata al tema dell’agricoltura nel contesto europeo, in considerazione del processo di allargamento dell’Unione Europea con l’ingresso di dieci nuovi Paesi, molti dei quali vivono in un’economia ancora largamente basata sull’agricoltura. L’ingresso nell’Unione accentua il confronto con l’agricoltura degli altri Paesi già membri, mette in evidenza le differenze, quelle di natura tecnologica come anche quelle relative ai problemi biologici ed ecologici. E ancora lunga la strada da fare per una piena integrazione, anche nel campo dell’economia agricola tra i Paesi dell’Unione, come pure tra nord e sud del nostro Paese.
L’allargamento dell’Unione Europea deve portare con sé un allargamento di orizzonti nella ricerca di rapporti di giustizia, a livello continentale e a livello globale, poiché un’Unione Europea più grande ha conseguentemente responsabilità maggiori nell’economia globalizzata. I beni della terra sono stati donati da Dio per l’umanità intera, nessuno escluso: è il principio della destinazione universale dei beni della terra, che il progressivo allargamento degli orizzonti sociali e culturali dimostra essere sempre più fondamento indispensabile per crescere nella via della giustizia e assicurare la pace.
3. Accanto a questo si pone subito un altro principio, quello del rispetto della terra. L’uomo non è arbitro assoluto ma amministratore della terra: il progresso biotecnologico ha bisogno di rigorosi controlli scientifici e soprattutto etici, per non compromettere la salute delle persone ed il futuro stesso.Coltivare la terra diventa richiamo continuo alla nostra condizione di piccole creature di fronte alla grandezza del creato e alla complessità delle sue leggi e dei suoi ritmi, che non finiamo mai di conoscere e non riusciamo mai a dominare completamente. Seminare e piantare sono atti che richiedono fiducia e preludono a lunghe attese, cariche di trepidazione e di incognite. La stagione del raccolto porta con sé altre emozioni e talora delusioni, ma spesso anche occasioni per condividere e gioire insieme. La tradizione liturgica della Chiesa non ha mai dimenticato i diversi passaggi che caratterizzano il lavoro della terra, invitando l’intera comunità ecclesiale a pregare per ciascuno di loro.
4. La terra conosce i ritmi dei giorni e delle stagioni, della fecondità e della quiete, e diventa così un costante richiamo per l’uomo a rispettare i tempi del lavoro e del riposo. Fin dalle prime pagine della Bibbia il lavoro dell’uomo viene ritmato sulla settimana che culmina nel riposo del settimo giorno: il sabato nel mondo ebraico; per i cristiani la domenica, giorno del Signore. Mentre ci avviciniamo alla celebrazione a Bari del Congresso Eucaristico Nazionale, che avrà a tema proprio la centralità della domenica, dobbiamo saper trarre questa lezione che ci viene dalla terra. La terra ha bisogno periodicamente di riposo, non può essere forzata a lavorare con “turni” continuati, mantiene una libertà che anche l’uomo deve assaporare, poiché “il sabato è per l’uomo”, come tante volte ha ripetuto Gesù. Nel giorno del Signore i cristiani assaporano soprattutto l’incontro con il Signore nel segno del pane e del vino. Non dobbiamo dimenticare che l’Eucaristia, il grande “ringraziamento” che la Chiesa offre al Padre, è resa possibile dal lavoro della terra. Nell’Ultima Cena Gesù ha legato il memoriale perpetuo del suo Sacrificio al pane e al vino, “frutto della terra e del lavoro dell’uomo”, come ripetiamo in ogni Santa Messa. Divenuti vero Corpo e Sangue del Signore, questi doni sono fonte di benedizione per tutti gli altri doni, come proclama ancora la liturgia: “Per Cristo Nostro Signore tu, o Dio, crei e santifichi sempre, fai vivere, benedici e doni al mondo ogni bene”.Dalla mensa dell’Eucaristia la lode e la benedizione si estendono alle nostre mense. La gioia per i frutti della terra ed il ringraziamento che innalziamo al Signore le renda sempre più accoglienti, per costruire insieme un’Europa famiglia di popoli e per essere segno e strumento di giustizia per tutta la famiglia umana.
Roma, 29 settembre 2004
Festa dei Santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele