La parola del Vangelo ci ricorda che il pane dato al povero è dato a Gesù stesso. Egli lo riceve da noi, lo trasforma e ce lo ridona moltiplicato e arricchito di nuova forza: è il “pane quotidiano”, che il Signore ci ha insegnato a chiedere al Padre.
I discepoli avevano implorato: “Signore, insegnaci a pregare” (Lc 11,1). La risposta di Gesù rivela il suo dialogo profondo e concreto con il Padre: sintesi di una spiritualità incarnata, il Padre Nostro pone al centro la richiesta del “pane quotidiano”.
Il dialogo dell’uomo con Dio passa anche attraverso la richiesta di un bene primario come il pane, così come tutta la vita di Cristo ha attinto dal mondo rurale, in tante sue dimensioni, ispirazione per annunciare il Regno di Dio.
La Chiesa, seguendo l’insegnamento del Vangelo, non solo prega “dacci oggi il nostro pane quotidiano” ma, sull’esempio del Signore che ha sfamato la folla moltiplicando pani e pesci, si impegna in tutti i modi con innumerevoli iniziative di promozione umana e di condivisione, perché a nessuno manchi il necessario per vivere.
E questo il motivo per cui oggi ci rivolgiamo al Padre fonte di ogni bene, anche di quelli offertici dalla terra, fiduciosi del suo intervento e del suo aiuto nell’impegnativa ricerca della via migliore per rendere giustizia a ogni uomo, cui spetta la possibilità di sostenersi con dignità attraverso l’accesso al cibo di cui ha bisogno per vivere.
“Fondamentale è «sentire» la terra come «nostra casa comune» e scegliere, per una sua gestione a servizio di tutti, la strada del dialogo piuttosto che delle decisioni unilaterali”. Questo invito, contenuto nel messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la 41a Giornata Mondiale della Pace, ci stimola a considerare anche quest’anno la Giornata del Ringraziamento come un’occasione di riflessione per contribuire alla realizzazione della pace attraverso la giustizia, con particolare riferimento alla destinazione universale delle risorse alimentari.
Questo richiamo si colloca in un periodo segnato da un fenomeno, manifestatosi negli ultimi anni con caratteristiche inedite e, per molti versi, drammatiche, che ha come risultante la crescita incontrollata dei prezzi dei prodotti alimentari. L’umanità sta vivendo una crisi alimentare non più limitata, come nel passato, a poche aree del pianeta, ma tendenzialmente estesa anche a quelle popolazioni da tempo considerate immuni da tale rischio.
E importante saper dar ragione di questa crisi, evidenziandone anzitutto le cause: mutamenti climatici, con il verificarsi di ripetuti fenomeni di siccità o inondazioni in aree importanti per la produzione di cereali, aumento della domanda di cereali e mangimi da parte di Paesi emergenti, minore investimento di cereali per alimentazione a beneficio di produzioni per biocarburanti, crescita del prezzo e speculazioni finanziarie sul petrolio e sulle derrate alimentari. Questa situazione determina una redistribuzione del reddito tanto più odiosa, quanto più penalizzante per i Paesi poveri.
Risulta quindi necessario, dopo averne evidenziate le cause, lavorare per trovare gli strumenti idonei per risolvere questa situazione di ingiustizia. Tali strumenti dovranno necessariamente tenere conto dei valori ai quali fare riferimento, innanzitutto “il principio della destinazione universale dei beni che offre un fondamentale orientamento, morale e culturale, per sciogliere il complesso e drammatico nodo che lega insieme crisi ambientale e povertà” (PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della dottrina sociale della Chiesa, n. 482).
Il segno compiuto da Gesù con la moltiplicazione dei pani e dei pesci offerti da un ragazzo rimasto sconosciuto (cfr Gv 6,9) indica chiaramente la via della disponibilità alla condivisione come strada maestra per risolvere nella giustizia il problema alimentare.
Come altri settori che fanno riferimento alla convivenza umana, anche l’agricoltura deve essere considerata una componente essenziale del “bene comune”. Come, infatti, abbiamo affermato nella Nota pastorale Frutto della terra e del lavoro dell’uomo, “va riconosciuto che il problema della fame, con la sua drammatica rilevanza etica e politica, non dipende tanto dalla disponibilità complessiva di cibo a livello globale, quanto dalla distribuzione non equa delle capacità di produzione e da fattori di arretratezza e ingiustizia economica e sociale, per i quali troppi esseri umani non hanno ancora un adeguato accesso agli alimenti anche in aree e Paesi del mondo autosufficienti quanto alla produzione agricola” (n. 10).
Con i mezzi di cui oggi l’umanità dispone, è moralmente inaccettabile che vi siano ancora migliaia di persone che muoiono di fame, restando insoddisfatto il loro bisogno primario di accesso al cibo. Non meraviglia, perciò, che il Santo Padre sia intervenuto a più riprese sul tema della crisi alimentare mondiale, considerandolo “un problema sempre più grave che la comunità internazionale fa grande fatica a risolvere” (Angelus, 25 maggio 2008).
Nel messaggio alla Conferenza di alto livello sulla sicurezza alimentare mondiale promossa dalla FAO a Roma dal 3 al 5 giugno scorso, Benedetto XVI ha affermato che “ogni persona ha diritto alla vita: pertanto, è necessario promuovere l’effettiva attuazione di tale diritto e si debbono aiutare le popolazioni che soffrono per la mancanza di cibo a divenire gradualmente capaci di soddisfare le proprie esigenze di un’alimentazione sufficiente e sana”.
Lo sviluppo dell’agricoltura e l’attenzione al mondo rurale devono essere ben presenti a quanti sono chiamati a compiere scelte politiche di lungo respiro. A questo proposito, ancora nel messaggio alla FAO, cogliamo il monito del Santo Padre, il quale ci ricorda che “vanno elaborate nuove strategie di lotta alla povertà e di promozione rurale. Ciò deve avvenire anche attraverso processi di riforme strutturali, che consentano di affrontare le sfide della medesima sicurezza e dei cambiamenti climatici; inoltre, occorre incrementare la disponibilità del cibo valorizzando l’industriosità dei piccoli agricoltori e garantendone l’accesso al mercato”.
A partire dalla cosiddetta “sovranità alimentare” e dal “primario diritto al cibo”, desideriamo incoraggiare tutti coloro che, a livello istituzionale o associativo, come singoli e come comunità, si adoperano per contribuire alla soluzione di questo problema, rafforzando il ruolo dei piccoli coltivatori nei Paesi in via di sviluppo, incoraggiando i mercati locali e regionali, denunciando le politiche monopolistiche delle grandi industrie agro–alimentari e infine promuovendo il benessere della famiglia rurale e in particolare delle donne.
Non possiamo non concludere volgendo il nostro sguardo adorante all’Eucaristia, “pane vivo, disceso dal cielo” (Gv 6,51). Essa è per noi cristiani modello e fonte di autentica solidarietà: chi si nutre del Pane di Cristo non può restare indifferente dinanzi a chi, anche ai nostri giorni, è privo del pane quotidiano, nella sicura speranza che la preghiera del giusto non rimarrà inascoltata, secondo le parole del salmista:
“Il Signore rimane fedele per sempre,
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri,
il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri,
egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi” (Sal 146,6–9)
Roma, 11 luglio 2008
Festa di san Benedetto abate, patrono d’Europa