Con lettera n. 20769/81 del 17 dicembre 1981 il Pontificio Consiglio «Cor Unum» trasmetteva ai Presidenti delle Conferenze Episcopali il testo del seguente Messaggio.
Carissimi Fratelli e Sorelle,
«Chi è il mio prossimo?» (Lc 10, 20).
Ricordate? E' con la parabola del Buon Samaritano che Gesù risponde alla domanda di un dottore della Legge, subito dopo che questi ha citato quanto recita la Legge: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso».
Il Buon Samaritano è il Cristo; è Lui che per primo si è avvicinato a noi facendo di noi il suo prossimo, per soccorrerci, guarirci e salvarci: «Spogliò se stesso, assumendo le condizioni di servo e diventando simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte ed alla morte di croce» (Fil 2, 7-8).
Ma se c'è ancora qualche distanza tra Dio e noi, ciò non dipende che da noi, dagli ostacoli che frapponiamo a questo avvicinamento. Il peccato che è nel nostro cuore, le ingiustizie che commettiamo, l'odio e le divisioni che alimentiamo: tutto ciò ci porta a non amare ancora Dio con tutta la nostra anima, con tutta la nostra forza. Il tempo quaresimale è il tempo privilegiato della purificazione e della penitenza per permettere al Signore di farci prossimo suo e di salvarci col suo amore.
Il secondo Comandamento è simile al primo (Cfr. Mt 22, 39) e forma un tutt'uno con esso. Noi dobbiamo amare gli altri con lo stesso amore che Dio riversa nei nostri cuori e col quale egli stesso li ama. Anche qui, quanti ostacoli per fare dell'altro il nostro prossimo: non amiamo abbastanza Dio e i nostri fratelli.
Perché ancora tante difficoltà ad abbandonare lo stadio, importante ma insufficiente, della riflessione, delle dichiarazioni e delle professioni per farci emigranti con gli emigranti, rifugiati coi rifugiati, poveri con quanti sono sprovvisti di tutto?
Il tempo quaresimale è dato a noi come Chiesa e tramite la Chiesa, per purificarci dai residui di egoismo, di eccessivo attaccamento ai beni, materiali od altri, che ci tengono distanti da quanti hanno diritti su di noi: principalmente quelli che, fisicamente vicini o lontani da noi, non hanno possibilità di vivere con dignità la loro vita di uomini e di donne, creati ad immagine e somiglianza di Dio.
Lasciatevi dunque permeare dallo spirito di penitenza e di conversione, che è spirito d'amore e di condivisione; ad imitazione del Cristo, fatevi vicini ai poveri, ai feriti ed a quelli che il mondo respinge.
Partecipate a tutto quanto si realizza nella vostra Chiesa locale affinché i cristiani e tutti gli uomini di buona volontà procurino a ciascuno dei loro fratelli i mezzi, anche quelli materiali, di vivere degnamente, di assumere in proprio la loro promozione umana e spirituale e quella delle loro famiglie.
Le collette quaresimali – e ciò vale anche per i paesi poveri – vi diano modo di aiutare, attraverso la condivisione, le Chiese locali dei paesi ancora più poveri a compiere la loro missione di Buoni Samaritani verso coloro di cui esse sono direttamente responsabili: i poveri, gli affamati, le vittime della ingiustizia e quanti non possono ancora essere i responsabili dello sviluppo proprio e delle loro comunità umane.
Penitenza, conversione: questo è il cammino, non triste ma liberatore, del nostro tempo di Quaresima.
E se vi ponete ancora la domanda: «Chi è il mio prossimo?», leggerete la risposta sul volto del Cristo e l'ascolterete dalle sue labbra: «in verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25, 40).
GIOVANNI PAOLO PP. II