Nel prendere atto dei risultati in larga parte negativi del referendum abrogativo della legge divorzista, la Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, mentre considera col dovuto rispetto la volontà espressa dalla maggioranza dei votanti, non può non manifestare il suo profondo rammarico per il definitivo venir meno nella legislazione civile del modello naturale e cristiano, umanamente validissimo, di matrimonio indissolubile e di famiglia stabilmente unita.
Nessun'altra intenzione, se non quella pastorale, inerente al proprio ministero, ha mosso i Vescovi italiani a rivolgere fin qui un leale appello alla coscienza dei credenti e degli uomini di buona volontà, perché facessero sussistere, anche negli istituti giuridici, come fino al 1970 è stato nella più autonoma e coerente tradizione legislativa italiana, un valore irrinunciabile al bene della famiglia e della società.
Ne sarebbe derivato un valido strumento educativo per le nuove generazioni ed un sostegno non trascurabile alla stabilità familiare ed etica della Nazione.
I Vescovi italiani hanno perciò compiuto, dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini, un loro inderogabile dovere, in coerenza col magistero della Chiesa che è loro affidato, per un servizio di illuminazione e di aiuto a tutti coloro che cercano il vero progresso dell'uomo e delle sue istituzioni.
Confortati da tale consapevolezza e sostenuti dal consenso dei tanti che hanno seguito il loro appello, i Vescovi italiani tanto più confidano nell'aiuto divino e guardano sempre con serena speranza all'avvenire della famiglia italiana e della Chiesa in Italia.
L'impegno per una, pastorale della famiglia, che il Concilio ha ripetutamente indicato come primario e urgente (cfr. G.S., 47-52), non si esaurisce per i cattolici con la consultazione del referendum; ma dai suoi stessi risultati trae nuovo motivo per allargarsi e intensificarsi ad ogni livello e in ogni circostanza.
I Vescovi italiani, perciò, mentre riaffermano la loro concreta sollecitudine per i problemi di vita familiare e di educazione al matrimonio, fanno appello a tutti i credenti, a tutte le comunità e specialmente a tutte le famiglie cristiane, perché con l'azione educativa e con l'esempio della loro vita rinsaldino dall'interno l'istituto matrimoniale e familiare, che «è veramente il fondamento della società» (G.S., 52).
A tutti coloro che hanno pubbliche responsabilità i Vescovi italiani chiedono il concorde impegno per risolvere i pesanti problemi di ordine sociale, che tengono in sofferenza dall'esterno la saldezza e l'unità della compagine familiare.
E' certo da augurarsi che la vicenda del referendum risvegli in tutti il senso di una più grave responsabilità e muova i credenti a realizzare, in chiara testimonianza, l'ammonimento del Concilio: «La famiglia cristiana, poiché nasce dal matrimonio, che è l'immagine e la partecipazione del patto di amore del Cristo e della Chiesa, renderà manifesta a tutti la viva presenza del Salvatore nel mondo e la genuina natura della Chiesa, sia coll'amore, la fecondità generosa, l'unità e la fedeltà degli sposi, sia con l'amorevole cooperazione di tutti i suoi membri» (G.S., 48).
Roma, 14 maggio 1974.