“L’Italia reagisca alla tentazione dello scoraggiamento, diceva con accoratezza il Papa in visita ad Arezzo (Saluto al Regina Caeli, 13 maggio 2012). Noi, per quel che possiamo, siamo qui per questo. Vogliamo essere gli araldi del Vangelo, e dunque della speranza”.
Inizia così la prolusione con la quale lunedì 24 settembre il Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della CEI, ha aperto i lavori della sessione autunnale del Consiglio Episcopale Permanente (Roma, 24-27 settembre).
Il Cardinale Presidente si è soffermato sulle “prove dure e inesorabili” che il Paese sta affrontando, soffermandosi in particolare sulla condizione giovanile (“I giovani sono il nostro maggiore assillo, i giovani e il loro magro presente. Il precariato indica chiaramente una fragilità sociale, ma sta diventando una malattia dell’anima”) e sulla famiglia (“La gente non perdonerà la poca considerazione verso la famiglia… Si finisce per parlare d’altro, per esempio si discute di unioni civili che sono sostanzialmente un’imposizione simbolica” per “affermare ad ogni costo un principio ideologico, creando dei nuovi istituti giuridici che vanno automaticamente ad indebolire la famiglia”).
Ha, quindi, richiamato la classe politica la “rafforzata indignazione” che “va covando nella cittadinanza”, a fronte di “un reticolo di corruttele e di scandali”, che dicono di “immoralità e malaffare”.
“La vita della gente è in grave affanno – ha aggiunto – e sente che il momento è decisivo: dalla sua soluzione dipende la stessa tenuta sociale. È l’ora di una solidarietà lungimirante, della concentrazione assoluta, senza distrazioni, sui problemi prioritari dell’economia e del lavoro, della rifondazione dei partiti, delle procedure partecipative ed elettive, di una lotta penetrante e inesorabile alla corruzione: problemi tutti che hanno al centro la persona e ne sono il necessario sviluppo”.
La parte centrale della prolusione del Cardinale Presidente è stata dedicata alla questione fede, che – ha ricordato, citando Benedetto XVI – rimane “la sfida prioritaria”: “Solamente delle esistenze non mediocri riescono ad incidere nel vissuto ecclesiale e sociale… Senza lo spirituale nella persona e nella società, c’è una povertà strutturale incolmabile, si determina una perdita per tutti, anche per chi tale dimensione non la coltiva o non la stima”.
Al riguardo, citando le esperienze offerte dai media cattolici – Avvenire, SIR e Tv2000 – ha osservato: “Non è vero che la maggioranza della gente rifiuta il sacro e le sue narrazioni, anzi ne ha fame e nostalgia: Dio non è in esilio, ma al cuore del vissuto umano”.
Di qui lo sguardo all’Anno della fede, al Sinodo mondiale dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione, nel 50° del Concilio Vaticano II e nel 20° del catechismo della Chiesa Cattolica.
Una fede incarnata, che sa prendersi cura (“Sulla salvaguardia della dignità degli embrioni, come dei migranti che avventurosamente varcano il mare alla ricerca di una vita migliore, la Chiesa è vigile ed è impegnata, ricordando a tutti il monito: che ne è di tuo fratello (cfr Gn 4,9)?) e che fa concludere: “La Chiesa è rimasta forse l’unica a lottare per i diritti veri dei bambini, come degli anziani e degli ammalati, della famiglia, mentre la cultura dominante vorrebbe isolare e sterilizzare ciò che di umano resta nella nostra civiltà”.