“Da dove proviene ai credenti la forza di porsi in alternativa al modo comune di vivere del mondo?” si chiede mons. Giuseppe Betori, commentando la lettera A Diogneto: “La forza si identifica nella prossimità alla persona di Gesù, accolto come presenza vivificante della nostra vita”.
L’Arcivescovo di Firenze ha spiegato ai giovani che “accogliere la chiamata a farci discepoli di Gesù non ci separa dal mondo: la sequela di Cristo si attua nel mondo e non separatamente da esso, lontano da ogni rifiuto della condizione storica dell’uomo e dell’ordine della creazione che ne è il fondamento”.
Infatti, è “la potenza della vita di Cristo in noi permette di vincere il male e di offrire al mondo una testimonianza di vita buona, non come qualcosa che viene da noi, come un dono di Dio in noi e attraverso di noi”
Di conseguenza, “la presenza del cristiano nel mondo non si configura come un adeguamento ad esso, senza una prospettiva critica: proprio la fede costituisce un principio irrinunciabile di discernimento in ordine al vero, al bene, al giusto e al bello”.
Una fede – ha lasciato intendere mons. Betori – che per essere tale deve ritrovare anche “la dimensione escatologica nella spiritualità personale, nella vita pastorale delle comunità e nell’impegno storico dei cristiani”.