“Giovani, non mettere a frutto le risorse e le potenzialità della vostra età diventa presto un peccato dinanzi a Dio e un delitto nei confronti della società intera”. Mons. Mariano Crociata i “fattori degenerativi del nostro tempo” e rilancia un’esperienza di Chiesa che vive di condivisione missionaria.
Dal riconoscersi in una fraternità nella quale circola la fede – “Ogni credente è come un anello nella grande catena dei credenti. Io non posso credere senza essere sorretto dalla fede degli altri, e, con la mia fede, contribuisco a sostenere la fede degli altri”, ha detto, citando il Catechismo degli adulti – ne consegue che “se sono cristiano non posso fare a meno di preoccuparmi della fede e della salvezza degli altri: non è un dovere estrinseco, che si aggiunge ad una fede privata o ad una vita cristiana compiaciuta di se stessa, ma è una esigenza profonda che abita ogni autentica esperienza di fede in Cristo”.
Il vero problema sta nella difficoltà oggi a “sentire con Gesù e con i fratelli”. Mons. Crociata ha infatti evidenziato che “l’individualismo esasperato che fa rinchiudere a riccio ciascuno in se stesso, nei propri interessi e piaceri, inquina anche la coscienza e la vita di tanti cristiani; se a ciò si aggiunge la fuga da ogni sguardo sul passato e sul futuro che fa ripiegare sull’attimo presente nell’oblio di ogni difficile domanda e nella rimozione di ogni problema, che riguardi sé o altri non importa, il quadro che si delinea è desolante, poiché rivela un drammatico impoverimento del senso della fede e una conseguente perdita di ogni senso di solidarietà”.
Proprio i giovani restano la “frontiera nevralgica”, dove la fede – lungi dal “ridursi a qualche preghierina e a qualche canzonetta in bella compagnia” – viene a “sfidare la vita e a chiedere di diventare scelta operosa e impegno concreto”.
Il Segretario Generale non ha minimizzato: “Abbiamo bisogno di rompere il paradigma in cui ci stiamo lasciando imprigionare; quello secondo cui la vita è fatta solo per essere consumata e goduta, possibilmente senza costi. La missione – ha concluso – deve cominciare da questo nuovo approccio cristiano alla vita personale e sociale. Un approccio che non disdegna la fatica e il sacrificio per realizzare qualcosa di buono, un approccio che ha fiducia e, anzi, sperimenta che nel dono di sé c’è la fonte della gioia”.