Il prossimo 9 luglio è la data fissata – in seguito al referendum dello scorso gennaio, previsto dagli accordi di pace del 2005 – per la nascita di un nuovo Sud Sudan, svincolato dal governo di Khartoum. L’avvicinarsi dell’autodeterminazione coincide con scontri e violenze tanto che i vescovi sudanesi hanno lanciato un appello alla pace e una novena che prenderà il via mercoledì 29 giugno.
La situazione si è progressivamente aggravata, con scontri sempre più intensi nell’area di confine tra Nord e Sud Sudan e nelle ultime settimane nel Nord Sudan, specialmente nella regione del Sud Kordofan. Imprecisato il numero di vittime e oltre 60.000 le persone in fuga a causa di razzie, incendi di villaggi, violazioni di diritti umani, esecuzioni sommarie, bombardamenti aerei.
“La guerra deve terminare immediatamente. C’è una grande sofferenza tra la popolazione. La comunità internazionale deve fare tutto il possibile per consentire il ritorno della pace” denuncia mons. Michael Didi Adgum Mangoria, vescovo ausiliare di El Obeid, diocesi maggiormente colpita dalle ultime violenze.
Oltre 30 anni di guerre, colpi di stato militari, crisi economiche e alimentari hanno portato l’82% della popolazione a vivere sotto la soglia di povertà, oltre 2 milioni di morti e 6 milioni di profughi, nonostante gli accordi di pace nel 2005. Come da tempo viene sottolineato dalla Campagna italiana per il Sudan (
www.campagnasudan.it), sono molti i nodi irrisolti e gli interessi in campo, soprattutto per quanto concerne l’uso delle risorse, che trasformano la data del 9 luglio in motivo di conflitto, nonostante il riconoscimento dell’esito del referendum da parte del governo di Khartoum.
Caritas Italiana si unisce alla preghiera per la pace dei vescovi locali e intensifica il sostegno a Caritas Sudan.
Da anni Caritas Italiana è attiva in Sudan e nei paesi limitrofi con un impegno complessivo di oltre 500.000 euro in programmi in favore della pace, educazione, sanità, sviluppo agricolo e, dal 2009, con la presenza di un’operatrice sul campo, affianca la Chiesa locale in un piano di formazione delle comunità di base e del personale diocesano, per accrescere la capacità di lettura e di risposta ai bisogni delle fasce più vulnerabili della popolazione.