le, un poco dei privilegiati.Editoriale di Sua Em.za Card. Camillo Ruini, Presidente della CEI, pubblicato sul quotidiano Avvenire del 16 ottobre 2003, in occasione del 25° Anniversario di Pontificato di Sua Santità Giovanni Paolo II
Venticinque anni sono piccolissima cosa, nella misura cosmica del tempo e anche nel cammino del genere umano, ma sono uno spazio assai significativo nella vita di una persona. Quando poi, come nell´ultimo secolo, il passo della storia sembra essersi fatto più veloce, venticinque anni possono contenere cambiamenti di grandissima portata, nella geografia politica ed economica come anche nei modi di sentire e negli scenari culturali. Da venticinque anni Giovanni Paolo II è alla guida della Chiesa non soltanto reggendo il timone ma anche stando in prima linea ed esponendosi in prima persona. Si direbbe che questo è il suo carattere, la sua natura, e che pertanto egli non può fare diversamente. Ma occorre aggiungere che questo è anzitutto il posto in cui lo colloca la sua passione per Gesù Cristo e per l´uomo. In virtù di questa passione egli è riuscito a incidere in profondità sul corso degli eventi, sulle tendenze culturali e perfino sui sentimenti di molte persone. All´inizio del suo pontificato era talvolta ritenuto in ritardo sui tempi, confinato in una coraggiosa ma sterile difesa del passato. E invece un poco per volta, si è potuto constatare che questo Papa giocava d´anticipo ed era capace di “fare storia”, di aprire le porte del futuro. Non mi riferisco soltanto all´anno 1989 ma, ad esempio, alla sfida del dialogo tra le religioni come via obbligata per costruire la pace, o anche – e soprattutto – all´altra sfida, solo apparentemente opposta, che si gioca in primo luogo all´interno della Chiesa e che consiste nel ritenere che la fede cristiana sia, anche oggi, la più grande forza spirituale dell´umanità: anzi, l´unica decisiva. Stando in prima linea, Giovanni Paolo II ha portato con sé, in maniera via via più convinta, il grande e articolato corpo della Chiesa. E così ha incarnato in questo corpo grande e antico il messaggio rinnovatore del Concilio Vaticano II, muovendosi sempre nella duplice direzione di concentrarsi su Gesù Cristo e, su questa base, di aprirsi a un mondo che cambia in maniera accelerata. C´è però un´altra dimensione di questi venticinque anni, della quale si parla meno. Essa non riguarda i grandi scenari della storia e della vita della Chiesa, ma tocca direttamente le persone. Si dice, giustamente, che la fede si trasmette anzitutto attraverso l´incontro e il contatto personale: vi sono però degli uomini e delle donne a cui Dio fa un dono speciale, quello di arrivare al cuore di molti, anche non personalmente conosciuti, e di aiutarli a trovare, o a riscoprire, la fede. Giovanni Paolo II è uno di tali uomini, a quel raggio larghissimo a cui è arrivato in questi venticinque anni, con i suoi viaggi e anche attraverso la televisione. Sono tante, in concreto, le persone che mi hanno confidato di avere ricevuto molto, in questo senso, dalla testimonianza del Papa. A loro ha saputo dare voce un giornalista da poco scomparso, Domenico Del Rio, con queste parole: «Vorrei far sapere al papa che lo ringrazio… Da nessuno mi è venuto tanto aiuto come dalla sua fede. Questo aiuto l´avevo nel vederlo pregare, quando si mette in Dio, e si vede che questo “mettersi in Dio” lo salva da tutto. A “mettermi in ginocchio”, l´ho imparato dal Papa». Chiaramente, non si tratta soltanto della fede e della preghiera prese, per così dire, in se stesse. Si tratta anche di riprendere fiducia, di ritrovare il senso della vita. Conosco molte persone, da sempre credenti e abituate a pregare, che dalle parole e dall´esempio del Papa hanno imparato a fare della fede la vera forza della loro vita. I romani, e un po´ tutti gli italiani, che – in un modo o nell´altro – hanno più frequenti occasioni di contatto con Giovanni Paolo II, sono dunque, anche sotto questo aspetto assai intimo e persona