Carissimi Fratelli e Sorelle
La luce della Pasqua è sorta sul mondo, ma il mondo sembra così distratto e indifferente da non sussultare di gioia. Noi non vogliamo essere cristiani sonnolenti e stanchi, ma desideriamo gustare la gioia cristiana: è un atto di giustizia verso Dio che ci ha fatto il grande dono della fede, è un dovere verso noi stessi assetati di luce, è un servizio all’umanità che cerca disperatamente il perché del suo vivere e morire.
Per questo, nel cuore della Liturgia, intendiamo porre particolare attenzione alla figura del giovane discepolo – quello che Gesù amava – per cogliere nei suoi gesti e nelle sue parole qualcosa per noi. Non sfugge il suo rispetto, la devozione che mostra verso Pietro, capo del Collegio apostolico: egli, più giovane e veloce, non entra nella tomba, ma attende Pietro: “allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette”. E qui ci prende un senso di santa invidia: se anche noi avessimo potuto entrare e vedere per poter credere! Come se poter vedere fosse indispensabile per avere la fede. Giovanni, nello spazio di pochissimo tempo, ha fatto nell’anima un lungo percorso: dal vedere la tomba vuota è salito fino a credere in Gesù Risorto. Quante brevi considerazioni possiamo fare sulle parole sobrie del Vangelo.
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S. Em. Card. Angelo Bagnasco