L'Aids rappresenta anche nel nostro Paese un grave problema, per la salute e per la vita di non poche persone. L'attuale mancanza di una cura efficace rende più drammatica la sofferenza non solo dei malati, ma anche dei loro familiari, degli operatori sociali e sanitari, dei ricercatori. Il problema assume così una portata sociale e, sia pure a diversi livelli e in varie forme, interpella tutti.
E interpellata anche la Chiesa, alla quale molte persone chiedono l'indicazione di criteri di orientamento morale ed insieme la collaborazione attiva alla cura e alla prevenzione di questa malattia.
In occasione della Giornata mondiale per la lotta contro l'Aids la Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana intende rivolgersi ad ogni persona sollecita del bene del prossimo e in particolare ai credenti per richiamare alcune responsabilità, che peraltro sono già oggetto di attenzione da parte di tanti di loro.
Il senso della solidarietà umana e cristiana ci impegna ad accogliere e a curare i malati di Aids come ogni altro ammalato; anzi, per la gravità della loro situazione, con una generosità maggiore. Potremo così togliere questi fratelli da quell'emarginazione sociale e morale nella quale talvolta vengono ingiustamente confinati.
Si apre qui un grande spazio di azione per le comunità socio-sanitarie e ospedaliere, per gli organismi ecclesiali e per il volontariato.
I cristiani sono chiamati anzitutto ad intervenire nel campo della prevenzione della malattia, lasciandosi guidare dalla visione integrale della persona umana. Questo fondamentale criterio etico esige attenzione non solo agli aspetti igienico-sanitari, ma anche a quelli più profondi e decisivi, che sono morali e spirituali. Del resto, essendo l'Aids una malattia che si trasmette il più delle volte in seguito a determinati comportamenti di vita, la sua reale prevenzione non può fondarsi e svilupparsi se non sul senso di responsabilità morale della persona stessa: solo esso può garantire la difesa del bene della salute e della vita, sia propria che altrui.
La sfida sociale e culturale che proviene dal diffondersi dell’Aids ci stimola a rispondere, alla luce della ragione e della fede, agli interrogativi sul senso del soffrire e del morire, come sul significato della sessualità umana e della fedeltà coniugale.
Con questo impegno di solidarietà autentica e globale potremo alleviare la solitudine e l'emarginazione, far rinascere la speranza, prevenire il diffondersi del male. Il Signore illumini le nostre coscienze, rafforzi la volontà, benedica la generosità di chi si pone a servizio della causa dell'uomo.
1 dicembre 1988